C’è un fenomeno che sta letteralmente
cambiando il mondo dei blog negli ultimi
tempi ed è la cosiddetta widgettizzazione
della rete. Ma attorno a questa, c’è un
fenomeno ancora più interessante che
sta cambiando il modo di fare Fundraising
online negli Stati Uniti.
Chiamatelo Viral Fundraising, chiamatelo
Group Fundraising, o Personal Fundraising
o Fundraising 2.0, ma siamo davvero di
fronte a una piccola rivoluzione che cambierà
anche il nostro modo di fare raccolta fondi.
Come scrive in un suo bellissimo articolo
Peter Deitz, sono ormai quattro anni che
sulla Rete sempre più numerosi si sono fatti i
siti internet che mettono a disposizione di
singoli, gruppi di amici, di familiari o di
organizzazioni non profit strumenti, righe
di codice in termini tecnici,
con cui organizzare e implementare
campagne di raccolta fondi.
Nasce così quello che possiamo definire
essenzialmente come Personal Fundraising,
ossia:
“un individuo o un gruppo di persone
che crea una pagina, o un sito web,
o un widget sul proprio blog e,
definiti degli obiettivi di raccolta
fondi e una causa o un progetto per cui
raccogliere fondi, invita il suo gruppo di amici
o la sua comunità virtuale ad aderire alla campagna”
E’ un fundraising che nasce dal basso, che trasforma
ogni donatore in un fundraiser e che, se ben
pianificato, esattamente come faremmo per una
qualsiasi campagna di marketing, può dare anche
ottimi risultati.
L’importante è partire da poche e semplici domande:
- a quale causa è indirizzata la vostra campagna?
- a chi vanno i soldi raccolti?
- a chi posso chiedere un supporto finanziario?
- entro quando devo raggiungere i miei obiettivi?
- come posso convincere la gente a sostenere la mia campagna?
Un esempio chiarissimo di come organizzare una campagna di fundraising basata sui social tools è quello descritto sul sito http://www.widgetfundraising.org/ da Beth Kanter, un’esperta di tecnologia per il non profit.
La brava Beth, veterana della blogosfera, si è inventata una sorprendente campagna di fundraising per il progetto in Cambogia di una piccola associazione “The Sharing Foundation“. E visto che “i mercati sono conversazioni” la prima cosa che ha fatto è stata, ovviamente, quella di…
- sentire i visitatori del suo blog
coinvolgendoli sin dalla fase di ideazione del progetto.
Il secondo passo è stato quello di definire gli obiettivi della campagna e, nella migliore delle tradizioni del marketing, questi sono stati individuati seguendo la regola
- S.M.A.R.T. (Specifici, Misurabili, Raggiungibili – achievable -, Realistici e Temporalmente definiti).
Il terzo passo è stato definire la domanda, ossia:
- il perché
- e il call to action
partendo in questo caso dalle utili indicazioni sul marketing 1o1 di Katya Andresen, guru del fundraising online e madrina di Network for Good di Yahoo.
Altro punto fondamentale della domanda è stato quello di identicarla non con il progetto, ma con Leng Sopharat, una delle beneficiarie del progetto, secondo la regola aurea che “le persone donano ad altre persone”.
Quarto passo, la definizione dei prospects. E qui è scattato davvero il meccanismo del
- face-to-face virtuale
ossia l’uso del social network, ossia della rete di contatti accumulati nel tempo navigando tra Skype, Flickr, LinkedIn, MyBlogLog, YouTube e affini, oltre che all’interno della propria cartella di contatti. Il tutto partendo dalla persona più vicina, ossia suo marito.
Quinto passo della campagna: i materiali, ossia:
- il widget di ChipIn
- il blog della campagna
- i due blog personali (costantemente aggiornati con la storia di Leng con lettere di ringraziamento)
- messaggi email
- foto
- video
Sesto passo, la fase di implementazione, secondo precise scansioni e ricordandosi sempre che, a ogni fase, il primo must di ogni buon fundraiser è dire GRAZIE.
Risultati: 885,25 dollari raccolti nei primi 26 giorni e successivamente un’ulteriore fase d’espansione del progetto che ha raccolto la visibilità popolare ed è stato adottato da Network for Good di Yahoo. Oggi nelle casse della Sharing Foundation ci sono ben 53.942 Euro derivanti dalla campagna!
Un successo indubbio, che dimostra come, se si investe tempo nel conoscere il proprio mercato, a partire dai propri donatori, se si imparano la lingua e le abitudini dei nostri segmenti di riferimento, se si riesce a motivare e coinvolgere la propria base individuando al suo interno degli opinion maker, il personal fundraising o fundraising 2.0 può diventare una risorsa fondamentale per le associazioni.
Nel prossimo post, qualche suggerimento da Beth su come promuovere la propria campagna sociale.
[…] studio il social network, più cerco di capire i meccanismi del fundraising 2.0 più mi convinco che quello di cui vi sto scrivendo ha a che fare con un concetto che da anni mi ha […]
[…] per il fund raising 26 04 2007 In molti hanno parlato del widget per il fund raising (fundraisig now!, fundraising.it) anche in […]
[…] molti hanno parlato del widget per il fund raising (fundraisig now!, fundraising.it) anche in Italia. Per fare un esempio concreto (ed a titolo di puro esempio) terrò […]
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[…] motivo di più per guardare al web 2.0 e al fundraising 2.0 come essenziali strumeti al servizio della nostra […]
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[…] WordPress, la piattaforma che ospita Fundraising Now! Ma anche e soprattutto come funzionasse il Fundraising 2.0, quell’insieme di socialità e tecnologia che sta cambiando il modo di fare raccolta fondi su […]
[…] gallery, creare community, lanciare petizioni e a brevissimo (con il Giving Circle) anche fare fundraising 2.0 (il link è al mio primo post sul tema, 31 gennaio […]
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[…] fundraising (era il 31 gennaio 2007…) perché su questo tema ritornerò prestissimo. Eccovi qui il pezzo. Grazie di cuore a tutti quelli che mi hanno seguito in questi primi 6 anni… spero […]
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Regards -Mellissa